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al testo di Emilia Filocamo
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Non so più baciare e il camminare mi è ignoto da quando so che esistono le tue mani e che da qualche parte compi gli anni, fai le valigie e disfi il letto con fare magistrale mentre le stanze mandano il tuo odore di forza e partenze. Non so più guardare ciò che mi appartiene senza volerti cedere in resa costante: ossa, dita, respiro, la corda che si apre nel seno e mi tira giù al ventre con un lampo subacqueo, un tuono seppellito fino all'inguine e più in basso, in una regione che hai battezzato con gli estremi silenziosi di una figlia segreta. Non so più amare se non posso sfiorarti dalla mia distanza e fingere fino allo spasmo; non c'è più modo di guarire e di affidare ad una voce la liquida soma di tutto il tempo che cade. Una punizione di dettagli e cose, di orari e desiderio che monta la furia in una tempesta su cui soffiano direzioni avverse. E niente ricaccia in tana la bestia insolente se non il nostro richiamo: l'esca è furba se penzola asciutta sul miele/ abisso. |
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